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Il linguaggio come resistenza: la storia nascosta del "Polari"


Slang queer LGBTQ+
Slang queer LGBTQ+

"Slay." "Queen." "Period." "Work."


Sono espressioni che ormai risuonano nella nostra quotidianità, familiari e onnipresenti, non è vero? Ma se vi dicessi che queste parole portano con sé un'eredità molto più profonda e complessa di quanto sembri? Che non sono semplicemente intercalari vivaci usati per strizzare l'occhio a un tono cosmopolita?


Dietro espressioni di questo tipo si cela una storia di resistenza, sopravvivenza e ribellione; esse rappresentano frammenti di un linguaggio che affonda le proprie radici nella lotta della comunità LGBTQ+ contro decenni di oppressione, emarginazione e omofobia. Si tratta di ciò che oggi potremmo definire lo "slang queer," un gergo nato per garantire coesione e protezione, sviluppatosi in un contesto di grave pericolo e clandestinità


Ma cosa intendiamo quando parliamo di "gergo"? Si tratta di una forma di linguaggio utilizzata dai membri di una comunità o di un gruppo al fine di non essere compresi dagli esterni o per distaccarsi da essi. È dunque fondamentale compiere un passo indietro e analizzare le dinamiche sociali che hanno spinto la comunità LGBTQ+ a sviluppare un linguaggio proprio, capace di proteggerla e distinguerla dal resto della società.

 

IL CONTESTO SOCIALE: gli anni di terrore precedenti alle rivoluzioni di Stonewall (1920-1960).


Negli anni Venti del Novecento, la sottocultura queer urbana conobbe una sorprendente crescita e fu celebrata come espressione di modernità. Tuttavia, la crisi economica del 1929 segnò un drastico mutamento nella percezione dei soggetti LGBTQ+, dato che essi furono associati ai disordini economici e visti come una minaccia all’ordine sociale. Questa retorica omofoba giustificò un processo di patologizzazione e criminalizzazione, divenendo così un efficace strumento di propaganda per il ritorno a gerarchie tradizionali di genere e sessualità, rigettando tutto ciò che non fosse stato considerato "eteronormato".


Nel corso degli anni Trenta questa repressione non fece altro che intensificarsi, cancellando progressivamente la visibilità queer negli spazi pubblici e mediatici. Legislazioni contro il cross-dressing e spettacoli drag si diffusero e parallelamente, l’ascesa dei regimi totalitari in Europa aggravò l’ostilità verso la comunità LGBTQ+, sfruttata per promuovere ideologie conservatrici e di controllo sociale. In ogni caso, la Seconda guerra mondiale, pur concedendo temporanei margini di libertà, lasciò spazio a nuove forme di stigmatizzazione durante la Guerra Fredda, quando le identità queer furono ancora una volta strumentalizzate come minacce alla sicurezza nazionale.


Nonostante la repressione, le sottoculture queer riuscirono a mantenersi vive, creando linguaggi segreti come il Polari inglese e il linguaggio camp delle Ballroom statunitensi, oltre a sviluppare codici extralinguistici come il "hanky code". Quest’ultimo rappresentava un esempio significativo di come una comunità potesse ricorrere a piccoli gesti per sfuggire alle persecuzioni: mediante l’uso di bandane colorate infilate nelle tasche posteriori dei pantaloni, era possibile segnalare le proprie preferenze sessuali e riconoscersi tra simili in modo discreto.

 

LE RADICI DELLO SLANG QUEER CONTEMPORANEO: IL POLARI.


In Inghilterra, a partire dagli anni Venti, in un clima di criminalizzazione e pericolo, il Polari rappresentò uno dei più ingegnosi esempi di resistenza culturale. Questo linguaggio ibrido, nato dall’interazione tra vari gerghi e socioletti, affondava le proprie radici nel Settecento, quando la necessità di sfuggire alla repressione portò gli uomini gay frequentatori delle Molly Houses a creare un codice segreto per comunicare. Le Molly Houses, all’epoca, erano luoghi di ritrovo clandestini dove si celebrava una vivace sottocultura queer, malgrado i rischi legali e sociali. Il Polari fu essenziale per la sopravvivenza di questa comunità e possedeva un lessico variegato, arricchito da influenze linguistiche diversificate come:


• Il Parlyaree: una lingua di derivazione italiana usata da artisti itineranti, prostitute e mendicanti.


• Il Cockney Rhyming Slang: uno slang originario di Londra, noto per l'uso di frasi in rima.


• Il Backslang: una forma di linguaggio in cui le parole vengono pronunciate come se fossero scritte al contrario.


• Lo Yiddish: la lingua storicamente parlata dagli ebrei ashkenaziti.

• La Lingua Franca: una lingua pidgin utilizzata dai marinai nel Mediterraneo, composto principalmente da termini italiani e spagnoli con alcune influenze arabe, e con una struttura grammaticale semplificata.

• Lo slang dell'aviazione americana

• Il gergo dei tossicodipendenti.

• Il gergo malavitoso.

La sua natura fluida e adattabile permise al Polari di rispecchiare la complessità della sottocultura queer e tra i suoi scopi principali c'era il riconoscimento reciproco tra membri della comunità: l’uso di una parola Polari in una conversazione diventava un modo discreto per identificare un alleato in un contesto ostile. Infatti, gran parte del vocabolario Polari era strettamente legato alla sessualità gay e alle identità queer, colmando il vuoto linguistico lasciato da una società tradizionalista che offriva solo termini offensivi e stigmatizzanti per descrivere queste realtà.

Sebbene talvolta considerato volgare o politicamente scorretto, il Polari rappresentava una reazione all'oppressione subita nel corso dei secoli e attraverso il linguaggio, le persone queer deridevano le istituzioni da cui erano state escluse, come il matrimonio o i ruoli di genere.


Nonostante il suo ruolo cruciale, il Polari iniziò a perdere rilevanza con il cambiamento sociale e politico del dopoguerra: con la depenalizzazione dell’omosessualità nel Regno Unito nel 1967 e la progressiva apertura della società, il linguaggio segreto perse la sua funzione primaria e cominciò a diffondersi nel mainstream, compromettendo la segretezza che ne era stata il cuore.


La storia del Polari non è, quindi, solo la testimonianza di un linguaggio segreto, ma un simbolo di resilienza e creatività culturale, nato in un contesto di oppressione e pericolo. Questo gergo è stato linfa vitale per la comunità queer britannica e anche se oggi il Polari è perlopiù relegato alla storia, la sua eredità sopravvive nelle espressioni e nei codici della cultura queer contemporanea, come ad esempio nello slang camp delle drag queen. Espressioni gergali come "slay," "queen," o "work", citate all'inizio del nostro articolo, portano ancora l'eco di quelle comunità che hanno trasformato la lingua in uno strumento di affermazione e ribellione. In un mondo in cui molte battaglie per l'uguaglianza e la visibilità sono ancora da combattere, il Polari ci ricorda il potere del linguaggio di creare comunità, resistere e trasformare il mondo che ci circonda.

 

Articolo a cura di Giulia Ceraulo



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