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Schadenfreude: il piacere nascosto dietro le disgrazie altrui


Schadenfreude
Schadenfreude

Immagina di vedere quel collega arrogante, sempre intento a bacchettarti, scivolare su una pozzanghera prima di una riunione importante.


Oppure di scoprire che quell’influencer, che ha sempre ostentato una vita perfetta, è stata colta in un momento di imbarazzo pubblico.


O ancora, di assistere alla sconfitta clamorosa di quella squadra sportiva che ha sempre umiliato la tua.


Che sensazione ti provoca? Hai sorriso soltanto al pensiero, non è vero? Non preoccuparti, non sei una persona malvagia, è una sensazione comunissima che i tedeschi hanno definito “Schadenfreude”!


Questo termine esprime il piacere sottile (e talvolta colpevole) che deriva dalle disgrazie altrui, ed è praticamente intraducibile se non attraverso perifrasi più o meno elaborate. Non si tratta di cattiveria, né di un desiderio attivo di vedere gli altri soffrire, ma di un’emozione spontanea, radicata nella psicologia umana e nella dinamica sociale.


Ma cosa rende la Schadenfreude così universale? E perché la lingua tedesca sembra averla codificata meglio di altre?


Schadenfreude: una parola intraducibile ma dal significato universale


Sebbene il termine venga dal tedesco, il sentimento che esprime è qualcosa di universale, presente in ogni cultura e lingua, anche se non tutte sono riuscite a dargli un nome così diretto ed efficace. L’antica Grecia, però, fu l’unica che riuscì a trovare una parola per descriverlo: epicaricacia.


Ciò che rende il tedesco particolarmente adatto a esprimere concetti complessi in una singola parola è la sua struttura morfologica. Infatti, pur essendo una lingua flessiva, il tedesco ha una forte tendenza alla composizione, ovvero alla fusione di più radici nominali. È questo ciò che permette al tedesco di racchiudere in una semplice parola significati articolati e che spingono a una profonda riflessione.


Questo aspetto evidenzia il profondo legame tra lingua e cultura: ciò che una società nomina con un termine specifico rivela molto sulle sue dinamiche sociali e sul modo in cui categorizza le emozioni.


Dal punto di vista linguistico, la Schadenfreude è un classico esempio di "parola intraducibile". In altre lingue, come l'inglese e l'italiano, per rendere il concetto bisogna ricorrere a perifrasi più o meno articolate, il che dimostra come ogni lingua rifletta una visione del mondo specifica e strettamente personalizzata.


Nonostante ciò, l’uso crescente del termine tedesco attraverso dei prestiti nelle altre lingue suggerisce che la globalizzazione linguistica sia in grado di colmare certe lacune lessicali e la necessità sempre più crescente di dover etichettare un certo tipo di emozioni e sentimenti.

 

Filosofia e psicologia della Schadenfreude e il rapporto con il mondo contemporaneo


Il concetto di Schadenfreude ha affascinato filosofi e psicologi per secoli. Friedrich Nietzsche, ad esempio, sottolineava come il piacere derivato dalla sofferenza altrui potesse essere visto come una forma di riequilibrio di potere, una sorta di rivincita simbolica sui privilegiati o sugli arroganti.


Anche la psicologia moderna ha analizzato questo fenomeno, collegandolo a dinamiche di confronto sociale: secondo alcuni studi, proviamo Schadenfreude soprattutto quando vediamo cadere chi percepiamo come minaccioso, presuntuoso o immeritatamente fortunato.


La soddisfazione non deriva tanto dalla sofferenza in sé, quanto dal senso di giustizia o dal sollievo di non essere noi le vittime, e dunque di essercela “scampata”.


D’altronde, viviamo in un'epoca in cui la Schadenfreude trova terreno fertile sia tra i media che tra i social network.  Ogni giorno, il web amplifica e popolarizza gli episodi più imbarazzanti o deplorevoli di chi ci sta intorno; il fenomeno è ormai parte integrante della nostra esperienza digitale ed offre agli utenti l'opportunità di indulgere in questo tipo di piacere latente: dai meme sugli strafalcioni pubblici delle celebrità ai video di "giustizia karmica" che spopolano su YouTube. 


Questo solleva inevitabilmente degli interrogativi etici, ed è molto sottile il confine tra il legittimo sollievo nel vedere una persona arrogante ridimensionata e il puro scherno gratuito.


Quindi potremmo dire che la Schadenfreude ci racconta molto del funzionamento della mente umana e delle strutture sociali in cui siamo calati quotidianamente. Sicuramente analizzarla da un punto di vista sia linguistico che filosofico ci permette di riflettere su come il linguaggio modelli il nostro modo di pensare e sulle implicazioni etiche di questo tipo di emozione, come di molti altri fenomeni culturali e sociologici.


Forse, la prossima volta che proverai un brivido di piacere di fronte a un'inaspettata disfatta altrui, ti fermerai un istante a chiederti: “Cosa dice questo della società in cui vivo?”. E soprattutto: “Cosa dice questo di me?

 

Articolo a cura di Giulia Ceraulo

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